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Il fenomeno hikikomori
Inserito da Darko | 23 giugno 2009 - 12:49 | Categoria: Altro | 1528 Visualizzazioni
L'articolo riguarda una patologia che affligge soprattutto i ragazzi, ma come avremo modo di leggere anche le ragazze, i quali rigettano la vita pubblica e tendono ad isolarsi, ad alienarsi dalla società. Forse a qualcuno sarà venuta in mente la parola giapponese hikikomori, che racchiude perfettamente il significato di quanto appena detto.
L'articolo, per l'appunto, parla degli hikikomori in correlazione con Welcome to the NHK, manga tragicomico di Tatsuhiko Takimoto, il quale narra la storia di un gruppo di ragazzi che soffrono di questa patologia. Come scopriremo durante la lettura, anche il mangaka soffrì di qualcosa molto simile all'essere hikikomori, ma col talento e la buona volontà riuscì ad aprile l'uscio di casa sua e ad uscirne fuori.
Buona lettura.
Il fenomeno hikikomori di Jacopo Costa Buranelli
Una mattina, quando aveva quindici anni, Takeshi si chiuse alle spalle la porta della sua stanza e non vi uscì più per i successivi quattro anni.
Anche Y.S., quando aveva quattordici anni, dopo anni di maltrattamenti subiti a scuola, si ritirò nella sua stanza, continuando a guardare la televisione, a navigare su internet e a costruire modellini.
Nel 2002, Tatsuhiko Takimoto, dopo anni di reclusione e depressione, pubblica per Kadokawa una light novel illustrata da Yoshitoshi Abe che parla di Sato, un giovane universitario che da quattro anni vive praticamente recluso nel suo piccolo appartamento; si mantiene a malapena con i soldi che gli inviano i genitori e ha interrotto qualsiasi legame con il mondo esterno.
Takeshi è un hikikomori, così come Y.S.
Anche Takimoto è stato un hikikomori e il suo romanzo si chiama “NHK ni Yokoso!” (Welcome to the NHK).
Prima di essere una patologia, hikikomori è una parola giapponese che significa: “stare in disparte, isolarsi”; diventa un termine scientifico quando il dottor Tamaki Saito comincia ad accorgersi della similarità sintomatologica in un numero sempre crescente di adolescenti che mostrano apatia, incomunicabilità e isolamento totale.
Takeshi, Y.S., Takimoto e Sato non hanno in comune soltanto la condizione di hikikomori: sono anche tutti maschi giapponesi. Infatti, sebbene esistano anche ragazze affette da questo disagio, circa l’80% di hikikomori sono maschi, i più giovani hanno tredici anni e le loro “autoprigionie” possono durare anche più di quindici anni.
Ci sono casi in Corea, a Taiwan e, in minima parte anche in Cina; ma, in Giappone, il 20% degli adolescenti risulta essere hikikomori, cioè l’1% della popolazione. In Giappone, dove l’uniformità all’etichetta e ai valori sociali è ancora la norma e la reputazione e le apparenze esteriori sono fondamentali, la ribellione, la protesta assume una forma silenziosa, muta, vuota.
“Noi giapponesi crediamo agli occhi degli altri – scrive il dottor Tamaki Sato – ci preoccupiamo di come ci vedono. Siamo molto sensibili al giudizio altrui e ci fa male essere disprezzati”.
Questa sensibilità e questo trauma rimangono impalpabili finché ragazzi come Takeshi e Y.S. non aprono le pesanti porte delle loro stanze agli operatori del programma "New Start" che offrono la possibilità di creare un ponte sicuro fra l'hikokomori e il mondo esterno. Anche Takimoto ha aperto la porta della sua camera al mondo e ha deciso di rivisitare la sua depressione attraverso le parole di un romanzo, diventato successivamente un manga illustrato da Kendi Oiwa e un anime prodotto dallo studio Gonzo.
Il romanzo, il manga e l’anime iniziano con l’apertura di una porta: il piccolo mondo di Sato, protagonista della vicenda, si apre a Misaki, una ragazza che tenta di promuovere uno sgangherato programma “New Start”, cercando di aiutare l’hikikomori Sato a curare i propri timori. Vicino a Sato vive Yamazaki, un otaku disperato che tenta l’overdose di fumetti, cartoni e videogiochi e, ogni tanto, compare la senpai tossicodipendente Kashiwa, con il suo campionario di medicine legali da assumere in cocktail alienanti.
Poi c’è Tokyo, il cuore pulsante della società giapponese, ricca di subculture, di luci, di negozi, di persone, di solitudine; una città sensibile più che mai agli “occhi degli altri”, che sembra impegnata a “nascondere” la verità di una generazione problematica e in difficoltà.
Alla radice del fenomeno pare esserci la necessità di nascondersi, occultare, soffocare i propri dolori; gli hikikomori si nascondono nelle loro case, Sato mente a Misaki per non rivelare la sua patologia e Misaki mente a se stessa quando non ammette i suoi drammi, così come Yamazaki e Kashiwa.
Allora perché credere alle mode e ai media? E, se tutti mentono, perché fidarsi della NHK, la tv pubblica giapponese, che trasmette un sacco di anime famosi con l’intento, forse, di alimentare il fenomeno degli hikikomori? Sarà dunque il bisogno di svelare e di svelarsi che condurrà tutti i personaggi di “Welcome to the NHK” a confrontarsi con la realtà, la quale, non essendo mai oggettiva, potrà assumere tonalità comiche, grottesche, squallide e disperate.
Questo bisogno di verità porterà Sato a varcare la soglia della sua camera, coinvolgendoci tutti, rompendo le mura del silenzio con la forte espressività dei disegni di Odiwa, tutt’altro che apataci, capaci di strappare un sorriso, una risata, una smorfia di disgusto o uno sguardo triste.
Poiché, forse, “Welcome to the NHK” è la cronaca di un silenzio spezzato, come quello di Takeshi e Y.S. che si sono aperti al programma “New Start”, come quello di Takimoto che è diventato uno degli scrittori giapponesi più quotati dell’era post Murakami, come quello di Sato che, smascherando tutte le menzogne e i complotti, diverrà l’eroe di tutti gli hikikomori.
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Purtroppo come è stato evidenziato dall'articolo in Giappone le persone sono molto soggette alle opinioni degli altri su di loro, ancora di più che in Italia al contrario di quello che potrebbero pensare gli altri.
Anche se avete sentito sicuramente sentito molti ragazzi italiani prendere in giro con non curanza altri giovani che sono appassionati di anime e manga, oppure che preferiscono stare a casa a leggere un libro piuttosto che uscire a giocare con i loro coetanei.
Anche il termine otaku che ormai sta prendendo piede anche in Italia, per identifica solamente coloro che hanno passione per manga, anime e affini, in Giappone questo termine ha un significato che sia avvicina di più all'essere hikikomori e per molti giapponesi equivale ad un offesa.