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Adattare o meno le onomatopee?

Inserito da ILoveManga Master Jounin | 19 aprile 2008 - 23:30 | Categoria: Altro | 2626 Visualizzazioni

i-jpop.gifIntervista a cura di "Mangaforever",
ecco come la pensa Paolo Gattone:

Adattare o meno le onomatopee? E' questa una delle questioni più importanti che deve affrontare ogni editore nell’adattamento di un fumetto asiatico. Si tratta di una questione economica: si deve pagare qualcuno in grado di fare un buon lavoro, manuale o digitale; e anche di un problema filologico: quanto l'intervento di un adattamento modifica l'intenzione originale di un autore? Quanto l'aspetto di una tavola adattata si distacca dall'originale?

Partiamo da un presupposto importante, senza nasconderci dietro a falsi giri di parole: non adattare i rumori rappresenta un grosso risparmio, di tempo e denaro. Un buon adattamento grafico necessita competenza e precisione delle persone che prendono parte all'edizione.

In passato l'adattamento grafico veniva realizzato manualmente su un supporto: le pellicole di stampa. Le pellicole di stampa hanno l'aspetto di fogli di plastica trasparente su cui è impresso il colore nero. A partire da queste pellicole veniva poi realizzata una lastra, che potete immaginare come una sorta di stampino con cui poi "imprimere" la carta gli albi (la realtà è un po' più complessa, ma credo l'immagine possa rendere l'idea).

Il lavoro del bravo adattatore era quindi quello di raschiare le scritte dalle pellicole e ridisegnare il rumore a china sul supporto plastico, cercando di rimuovere le parti in eccesso. Per questo motivo, spesso e volentieri si tendeva a mantenere gran parte del rumore originale che poi andava modificato. Lo stesso lettering veniva in gran parte realizzato giocoforza a mano sulle pellicole così adattate.

Oggi il procedimento è molto velocizzato, grazie ai computer: i file delle pagine sono in formato digitale, il lettering viene inserito attraverso dei programmi di impaginazione e anche per lavorare alle onomatopee c'è la possibilità di avere un supporto digitale.


Le possibili scelte da parte di un editore sono quattro:

lasciare il rumore in originale, senza nessuna traduzione
il rumore rimane in originale, ma vicino allo stesso c'è una piccola traduzione in italiano
il rumore viene adattato con dei font, generalmente molto omogenei, che vengono inseriti nella tavola, a volte con l’uso di pecette per coprire velocemente i caratteri originali
il rumore viene realizzato a mano, scansionato, e quindi sovrapposto alla tavola, con un lavoro di fotoritocco per aumentare la precisione
Ogni casa editrice, in base alla propria politica aziendale, prende le proprie decisioni in merito. A parte casi particolari (alcuni autori esigono che le loro tavole rimangano come le originali) la decisione viene influenzata da motivazioni economiche ed editoriali.

Non posso conoscere le motivazioni e le valutazioni di tutti gli editori, cercherò quindi di spiegare perché secondo JPOP il rumore va sempre adattato.

Primo fatto: una tavola coi rumori originali è poco leggibile. Per quanto uno possa conoscere l'alfabeto giapponese o coreano (e la maggior parte dei lettori non lo conosce) a livello istintivo la tavola viene compresa solo in parte. Tralasciamo di addentrarci nelle teorie di base di semiotica e di comunicazione di massa sulla percezione del segno; non credo sia necessario giustificare con dotte disquisizioni quello che chiunque può sperimentare. Quando un rumore rimane in giapponese possono capitare due cose:

il nostro occhio tende "a rimuoverlo", non prendendolo in considerazione.
questa onomatopea, di difficile lettura, contribuisce a lavorare in sottrazione sulla leggibilità della tavola.
Il segno di un alfabeto che il nostro cervello non assimila autonomamente viene percepito come estraneo e anzi, come elemento di disturbo nel decifrare il messaggio visivo. Naturalmente il tutto peggiora quanto più è complessa la struttura della tavola, quanto più sono fitti i rumori, quanto maggiore è il peso dell'onomatopea rispetto al disegno. Il fumetto giapponese (o coreano) è molto dinamico, e la leggibilità dell'onomatopea influisce notevolmente nell'immediatezza della comprensione della tavola.

La differenza che passa tra leggere un fumetto con le onomatopee in originale con traduzione a fronte, e un manga in cui i rumori sono adattati, è molto simile a vedere un film sottotitolato piuttosto che doppiato. Si ha la massima fedeltà con l'originale, ma si perde l'immediatezza con cui il lettore deve potersi avvicinare all'opera. Lo scopo dell'editore, infatti, dovrebbe essere quello di far godere al lettore italiano la stessa esperienza di quello giapponese.

Si deve operare una scelta, anche se il "sottotitolo" per forza di cose fa perdere un po' di coordinazione, di immediatezza. Al di là dell'opinione dei puristi, divisi equamente tra sostenitori di questa scelta e quelli che sono contrari, c'è da tenere conto del lettore occasionale: si contribuisce davvero alla diffusione del fumetto orientale erigendo una barriera, che in fin dei conti è l'illegibilità di una parte del medium?

La scelta di JPOP è senza compromessi: adattare tutte le onomatopee e cercare di farlo nel miglior modo possibile, arruolando nel nostro staff dei disegnatori in grado di riprodurre al meglio il segno e l'impatto dell'onomatopea originale, sia essa giapponese o coreana. A nostro avviso, infatti, il problema non è tanto adattare o meno un rumore, quanto farlo in maniera precisa e rispettosa dell'autore e dei lettori.

Per fare questo ci vuole uno staffa di gente seria e preparata, che conosca tutte le fasi della lavorazione e abbia una certa attitudine artistica, oltre alla passione per i fumetti su cui lavora. Chi realizza i rumori deve essere un disegnatore professionista, in modo da saper interpretare lo spirito del tratto originale.

Più di una volta abbiamo ricevuto complimenti non solo dagli editori giapponesi o coreani, ma dagli stessi autori che abbiamo avuto la fortuna di incontrare: questo ci fortifica nelle nostre convinzioni e siamo sicuri che sempre di più in futuro un buon adattamento grafico inciderà nella percezione di un albo tanto quanto la qualità della traduzione, della confezione, della carta e della copertina.

Da lettori, ci piace leggere fumetti che ci trasmettono la sensazione di un lavoro portato a termine con il massimo della cura possibile.
Kakashi avatar
Expert Chunin avatar
Neverending Smile
19 aprile 2008 23:51
0 +1 -1
Credo che la scelta migliore sia quella di lasciare le onomatopee in originale, con poi una nota per descriverle. Non si intacca il disegno originale, e il tutto risulta piuttosto comprensibile
Hiei-Ishida avatar
Candidate Jounin avatar
fumettista errante
20 aprile 2008 13:26
0 +1 -1
odio le onomatopee jappo, nn c capisco niente evviva la traduzione con onomatopee fatte a mano!!
...
neji11 avatar
Superior Jounin avatar
Oha-Lucky~!
20 aprile 2008 13:59
0 +1 -1
bhe sì, anche io sono per l'adattamento "parziale" delle onomatomee, vuoi perchè cmq riesco a leggerle in originale, ma non a capirle completamente (alcune sono veramente iverissime rispetto alle nostre, ad esempio "toki doki" al posto di "tum tum"). Non leggendo manga j-pop non saprei giudicare, però se il lavoro grafico che c'è dietro è buono, bhe allora ben venga anche l'adattamento totale... Le pecette no, però, eh!!
ILoveManga avatar
Master Jounin avatar
21 aprile 2008 13:02
0 +1 -1
Non sono contrario all'adattamento delle onomatopee, però in alcuni casi le trovo eccessivamente invadenti! Mi piace molto la soluzione suggerita da Kakashi (come già avviene nell'edizione italiana di FullMetal Alchemist).. E sono completamente d'accordo con neji per le pacette.
Yoruichi avatar
Master Jounin avatar
12 giugno 2008 23:26
0 +1 -1
L'importante è che non vengano usate le pecette!!

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